mercoledì 12 agosto 2009


Questo giro di parole con relativo esempio è servito a definire la prima dimensione, costituita appunto dalla linea. Ottenuta la linea, la mettiamo in tensione con un’altra linea (come abbiamo fatto per il punto) alla distanza che vogliamo. Lo spostamento di una linea verso un’altra linea genera la superficie e quindi la seconda dimensione. Il solido, rappresentante della terza dimensione, è dato dalla tensione di una superficie con un’altra superficie. Ricapitoliamo velocemente: due punti in tensione generano la linea, due linee in tensione costituiscono il piano, due superfici in tensione danno origine alla terza dimensione. Quello che non è stato volutamente detto prima per non mettere troppa carne sul fuoco, è che la linea passando per più punti dà luogo ad un effetto di superficie chiamato perimetro. In questo caso, la linea passando per più punti prende il nome di lineare medio. Questa definizione non indica una superficie ma la sensazione di superficie, in quanto si tratta in realtà di un perimetro vuoto. Anche in questo caso la caratteristica del lineare medio è data dalla misura. Il lineare passivo invece è la condizione della superficie quanto la linea viene completamente subita. La caratteristica del lineare passivo (superficie) è in primo luogo peso (chiaro o scuro) in secondo luogo qualità (colore) ed in terzo luogo misura. Qualsiasi operazione grafica o pittorica per manifestarsi si serve di questo alfabeto che consente la padronanza del vastissimo linguaggio con il quale l’arte si esprime.


I colori della pittura


Il colore non è soltanto quella pasta fluida che adoperiamo per verniciare la nostra stanza. Per quanto innocuo, il bombardamento fotonico al quale siamo sottoposti ogni giorno, comporta delle reazioni psicofisiche non di secondaria importanza. Non sarà sfuggito che nella definizione di colori primari il verde sia stato messo al posto del giallo. Nel disco cromatico a dodici parti con il quale si fa familiarità a scuola, il verde è un colore secondario, mentre qui è stato indicato come primario. E’ bene preservarci da possibili equivoci dicendo che quella di mettere il giallo al posto del verde è una convenzione pratica, in quanto, per mescolanza di colori(sintesi sottrattiva) non si potrebbe ottenere il giallo. Siccome nella realtà prevale l’uso della sintesi sottrattiva legata alla mescolanza di pigmenti, è spiegato perché è più comodo invertire questi colori. La sintesi additiva (mescolanza di luci proiettate) è meno comune, anche se corrisponde alla definizione corretta di primari generatori. Se tutti i colori in addizione danno il bianco, in sottrazione (mescolanza di pigmenti) producono il nero. I colori, a differenza degli accordi musicali, una volta mescolati tra loro non possono essere più separati ed assumono un proprio carattere. Se i colori primari con i quali sono spesso dipinti i giocattoli dei bambini hanno una loro chiassosità al massimo di saturazione, è merito della posizione che occupano nel disco cromatico. Più i colori sono composti e meno carattere hanno. La cromia costituisce il nostro alfabeto visivo ed in molti casi si sostituisce alla parola. Tutti i colori, tranne il grigio hanno il loro complementare che consiste nel colore opposto a quello che stiamo guardando. Il nero per il bianco, il verde per il rosso, l’azzurro per l’arancio, il violetto per il giallo e via via tutti gli altri. Il grigio, di cui parleremo in seguito, rappresenta per l’occhio umano una condizione del tutto particolare che corrisponde a quella di massima stabilità retinica. Cosa significa in termini di processo visivo complementare? Significa che se l’occhio vede un colore ed invia al cervello gli stimoli per ricostruirlo, il cervello è in grado di produrre simultaneamente il contrario del colore osservato. Per visualizzare il complementare di un colore è sufficiente fissare il colore intensamente e poi chiudere gli occhi. Per qualche secondo si stamperà nel cervello l’opposto del colore osservato. Avviene la stessa cosa se invece di chiudere gli occhi dirigiamo lo sguardo su uno schermo grigio. Carattere del colore. I colori degli oggetti presenti nella vita quotidiana sono ottenuti per sintesi sottrattiva. Significa che per ottenerli si devono necessariamente mescolare tra loro. Dalla loro mescolanza si ottiene un colore che avrà un proprio carattere, peso e tono.Per carattere di un colore si intende il suo posizionamento nel disco cromatico. I colori che compongono il triangolo centrale, detti appunto primari della pittura: rosso, blu e giallo, hanno maggiore carattere dei terziari collocati nella parte circolare del disco cromatico. Per peso o tono di un colore si intende invece la possibilità di schiarire o scurire un colore mediante il bianco, il nero ed il grigio. E’ possibile ottenere un tono diverso anche mescolando tra loro due colori di differente grado di luminosità. Il tono sta ad indicare in definitiva il grado di oscurità o chiarezza di un colore. La fisica considera il colore dal punto di vista delle vibrazioni elettromagnetiche che come abbiamo visto generano la sensazione di colore. La chimica si occupa della composizione molecolare dei pigmenti cromatici e della loro inalterabilità. Alla fisiologia ottica, come fondamentale campo di indagine del rapporto occhio - cervello, è dato il compito di indagare le relazioni tra funzione della luce e parti anatomiche dell’occhio. La psicologia si occupa delle ripercussioni che le onde luminose hanno sulla psiche in termini di risposta psicofisica. E’ compito della psicologia, attraverso la simbologia del colore, definire le limitazioni soggettive al quale ogni singolo individuo è preposto.

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